domenica 2 ottobre 2011

Oscillandia

Il portale Elettronica Open Source ha indetto un interessantissimo concorso a premi che mette in palio, come primo premio, un bellissimo oscilloscopio digitale.
L'indirizzo del regolamento è il seguente : Oscillandia
partecipate numerosi e buona fortuna

mercoledì 29 giugno 2011

Creare la plastica dalla spazzatura

 Da qualche mese ormai negli esercizi commerciali vengono forniti i sacchetti biodegradabili al posto delle ormai familiari borse di plastica, grazie all’applicazione di una direttiva europea che ha imposto il cambiamento. Ma l’ottusità e l’ignoranza dei legislatori, anche se in questo caso ci auguriamo in buona fede, posso portare a danni ecologici maggiori rispetto a quello che si cerca di limitare con l’iniziativa.    
 Come ha fatto notare qualche anno fa il  Professor  Robert Anex dell’Università dell’Iowa , durante la conferenza mondiale sull’ecologia, il ciclo industriale per la creazione dei polimeri necessari per fabbricare i sacchetti, che ora utilizziamo per la nostra spesa, risulta essere comunque critico per l’ambiente. Prima di tutto sono necessarie riconversioni agricole dannose per i terreni dovute sia al tipo di vegetali utilizzati, grandi quantità di mais, che alla mancanza di rotazione delle colture necessaria per il mantenimento della fertilità dei terreni, già oggi alcune aziende agricole sfruttano intensivamente il terreno con la pratica della monocultura. Inoltre queste enormi quantità di mais vanno trasferite, con i camion, nei centri di trasformazione ed il procedimento industriale richiede temperature elevate, è evidente allora che il processo necessità di quantità significative di idrocarburi per poter arrivare al prodotto finito.  In sostanza, pur rimanendo la biodegradabilità degli oggetti creati con queste plastiche, il ciclo industriale pesa enormemente sull’ambiente in termini ecologici.  Per ovviare ai problemi appena accennati i ricercatori di tutto il mondo si sono messi al lavoro per trovare delle soluzioni  e, nel 2004, l’Università giapponese di  Kyushu ha annunciato la scoperta di un procedimento capace di trasformare la spazzatura, per la precisione la parte organica di questa, in plastica. Oggi il ciclo produttivo è stato messo a punto e in Giappone si sta utilizzando questa tecnologia per la creazione di plastiche biodegradabili.
 Queste plastiche, dal caratteristico colore verde, risultano essere più resistenti di quelle ricavate dal mais e la loro fabbricazione notevolmente meno dannosa per l’ambiente.  
 In sostanza, rimando alla pubblicazione del 2004 per gli approfondimenti  tecnici, si utilizza come costituente principale la spazzatura organica dei Comuni che, partendo da condizioni semisolide, viene  fermentata e purificata con un batterio simile a quello degli yogurt, che produce acido L-lactic , e successivamente si conclude il ciclo con la polimerizzazione via LL-lactide. Questo processo industriale immette nell’ambiente una quantità di CO2 inferiore, circa il 50%, rispetto a quelli delle plastiche biodegradabili tradizionali e per circa 100Kg di rifiuti organici riesce  a produrre 7Kg di plastica.
 Questa tecnologia quindi permette di avere due vantaggi significati, prima di tutto il minor consumo di idrocarburi per la sua realizzazione, già un notevole passo avanti a mio parere, ed in secondo luogo lo smaltimento dei rifiuti organici, allo stato attuale usati solo per la fabbricazione di fertilizzanti. In futuro infatti si prevede che questo tipo di spazzatura potrebbe essere sovrabbondante rispetto alla domanda di concimi, una volta che la raccolta differenziata sarà  capillare, portando a problemi di stoccaggio. Quindi riuscire a re-industrializzarla, con processi differenti da quelli attuali, potrebbe essere la soluzione migliore per il futuro.  
  
Processo industriale della plastica verde

Ing Paolo Sanna

mercoledì 22 giugno 2011

Celle solari polimeriche il futuro prossimo

Da anni il professor Yang Yang, del dipartimento di scienze dei materiali dell’università della California, studia la possibilità di realizzare celle solari, transistor, memorie e led con i polimeri, per abbattere l’alto costo dei dispositivi tradizionali al silicio. In particolare negli ultimi anni ha concentrato gli sforzi del dipartimento da lui condotto sul miglioramento dell’efficienza delle celle solari polimeriche, che ancora risulta non confrontabile a quella delle celle a semiconduttore  che attualmente dominano il mercato.
 L’obbiettivo di questa tecnologia è innanzi tutto la riduzione dei costi di realizzazione dei dispositivi, ma si aggiungono a questo enorme vantaggio anche la flessibilità di impiego  e il riciclaggio a fine esercizio più facile, data la natura dei materiali usati per la loro costruzione.
L’obiettivo dichiarato da Yang è il raggiungimento di una efficienza del 10%, contro l’attuale 1-2%, e una vita media di 10 anni per rendere il prodotto competitivo sul mercato delle celle solari. L’aumento dell’efficienza di una cella solare dipende da vari fattori, ma forse il più importante è la  tensione a circuito aperto. Per aumentare tale tensione il laboratorio di scienze dei materiali della UCLA ha eseguito esperimenti su dispositivi con architetture e materiale differenti, inventando strutture polimeriche nuove e modificandone altre già esistenti. E qui forse si capisce quale potrà essere la chiave del successo di questa tecnologia, infatti per migliorare l’efficienza delle celle non è importante la purezza dei materiali utilizzati, come nelle celle tradizionali, ma “l’architettura” dei polimeri, più facilmente ottenibile con semplici processi chimici.
  Quello che si augura il professor Yang è che, fra 10 anni, queste celle polimeriche possano essere integrate negli edifici già esistenti, aumentando così la disponibilità di energia elettrica con costi bassissimi. Per fare un esempio concreto, immaginate di poter andare in un supermercato e comprare un adesivo colorato da applicare ai vetri delle vostre finestre,  che consenta di schermare la vostra stanza dalla luce troppo intensa e, nel contempo, di ricavare l’energia per ricaricare il vostro telefono cellulare. 
    
Ing. Paolo Sanna

Il professor Yang con i suoi dispositivi

Yang Yang Laboratory